Ogni annuncio di riforma in un settore pubblico italiano sembra una minaccia, visto che oramai da un po’ di tempo il concetto di riforma è diventato sinonimo di esuberi e niente altro, e la scuola purtroppo come altri settori ne è vittima. Infatti gli annunci della ministra all’istruzione pubblica Gelmini non sono altro che un piano di risparmio vendutoci come l’ennesima riforma della scuola. Tagli che nascono solamente da un’esigenza di risparmio della spesa pubblica imposta da Tremonti. La scuola necessita fra l’altro di investimenti nelle infrastrutture scolastiche (edifici sicuri ed adeguati, computer, laboratori, ecc.) e di stipendi degli insegnanti adeguati alla media europea. Inoltre gli insegnanti devono potersi dedicare di più alla preparazione delle lezioni e dei vari progetti, all’accompagnamento dei loro alunni e meno alle questioni burocratiche-amministrative come spesso succede. Invece di garantire agli alunni un’assistenza di qualità da parte di insegnanti preparati, la ministra propone niente altro che l’introduzione di uniformi scolastiche griffate (ma quanto costeranno? E chi dovrà pagare?), il voto di condotta come se il cosiddetto bullo che non ha problemi ad usare violenza in classe contro i suoi coetanei e spesso contro gli insegnanti stessi, si preoccupasse di prendere un cinque in condotta, l’abbassamento delle ore di lezione, la messa in pericolo delle scuole a tempo pieno. E come se non bastasse all’orizzonte c’è l’idea della ministra di trasformare le scuole in fondazioni – una privatizzazione di fatto del sistema scolastico pubblico.
Inoltre la reintroduzione dell’insegnante unico nella scuola elementare, per giunta per decreto e senza consultare le parti sociali, è un ulteriore tassello nello sfascio del sistema scolastico italiano. L’insegnante unico è quella figura che dovrebbe insegnare agli alunni tutte le materie, con un logico e conseguente abbassamento della qualità dell’insegnamento e che avrà come conseguenza il taglio di più di 83.000 posti di lavoro. Secondo la ministra Gelmini ci dovranno essere “meno insegnanti ma meglio pagati”. Peccato però che di aumenti di stipendio nel decreto non ci sia traccia. Saranno gli insegnanti precari che perderanno per primi il loro posto di lavoro. Poi seguiranno gli altri. Difficilmente si potranno garantire le materie specifiche come l’inglese e l’aiuto degli insegnanti di sostegno. Inoltre la riduzione del corpo docente comporterà un aumento di alunni per classe con un ulteriore abbassamento della qualità dell’insegnamento.
La scuola ritorna ad un passato oramai remoto. Tutti sanno quanto sia importante la qualità dell’insegnamento per il futuro culturale ed economico non solo dei singoli, ma anche dell’intero paese. Tutti, fuorché il governo delle destre.
David Augscheller
La sinistra dell’Alto Adige
Consigliere comunale di Rifondazione Comunista a Merano
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