Punto e a capo, siamo alle solite. Uno spettro si aggira per le
nostre case. Non è il comunismo, ma il “voto utile”. C’è un altro “ma”,
però. Perché più che il “voto utile”, bisognerebbe considerare la
presenza del “voto inutile”: pensare di dare un voto di sinistra a chi
si allea il giorno dopo le elezioni con Monti – cascasse il mondo, lo ha
detto Pier Luigi Bersani – ecco, quello mi sembra un atto abbastanza
inutile.
Bisognerebbe tornare indietro con la memoria e ricordarsi
di come andò a finire l’ultima volta che si parlò del “voto utile”: chi
votò “utilmente”, quella volta, si rese complice di molteplici crimini,
tra i quali aver portato in Parlamento Massimo Calearo, Paola Binetti,
svariati radicali sempre attenti a salvare più volte la maggioranza di
Berlusconi, e una vasta gamma di trasformisti un tanto al chilo.
Votare
“utilmente” ha significato inoltre farci ritrovare in Costituzione
l’obbligo di pareggio di bilancio. «E sticazzi», direte? Quando il
prossimo governo, retto da Bersani o da Monti o da Berlusconi o da Oscar
Giannetto, dovrà varare una manovra da 40 miliardi di euro per
rispettare l’impegno – e lo dovrà fare pure nel 2014, 2015, 2016, 2017… –
forse quella parolina (fiscal compact) si mostrerà per quel che è, in
tutta la sua distruttiva potenza.
Allora, niente ricatti neanche
stavolta e anzi, soprattutto stavolta. Programmi alla mano, un voto con
coscienza. E magari con un minimo di coerenza.
PS. Per citare
Luciano Gallino a proposito di fiscal compact: «Ridurre davvero il
nostro debito pubblico nella misura e nei tempi richiesti dal Trattato
in questione è un’operazione che così come si presenta oggi ha soltanto
due sbocchi: una generazione o due di miseria per l’intero Paese; aspri
conflitti sociali; discesa definitiva della nostra economia in serie D».
Auguri.

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