L’Italia non può essere gestita al pari di una qualsiasi azienda,
come hanno fatto i precedenti governi, e la scuola pubblica non può
essere considerata una semplice voce di bilancio da tagliare per fare
cassa. La scuola è, invece, cultura, risorsa fondamentale per lo sviluppo
e, quindi, futuro.Non si può prescindere dalla qualità dell’istruzione
pubblica, troppo spesso svilita o considerata residuale, Rivoluzione
civile ne fa un punto fondante del suo programma.
La scuola è stata la vittima designata dei progetti di privatizzazione
sostenuti dall’uscente governo Monti, contro i quali studenti e docenti
si sono mobilitati: i primi per la difesa del diritto allo studio e i
secondi per protestare contro il peggioramento delle condizioni di
lavoro, la precarizzazione del personale e un concorsone
che mortifica le competenze professionali, trasformandosi in una sorta
di lotteria dell’occupazione, a danno dei precari, di cui si è colmata
la scuola pubblica, che invece hanno diritto alla stabilizzazione del
rapporto di lavoro.
Nessuna inversione di tendenza, dunque, dopo le funeste riforme targate Gelmini.
Anzi, l’esecutivo dei professori ha trascinato la conoscenza e i saperi
nel calderone della spending review, continuando con i tagli lineari,
sulla scia del precedente governo Berlusconi. La scuola pubblica è un bene comune
che garantisce un diritto fondamentale, vanno dunque bloccati i
progetti di privatizzazione e aziendalizzazione, a partire dal ddl
Aprea, e recuperati i fondi dirottati sulle scuole private.
“Non solo la scuola pubblica va rafforzata e gli insegnanti messi in condizione di lavorare – afferma Gabriella Stramaccioni, candidata alla Camera per Rivoluzione civile – ma va fatta un’opera di messa in sicurezza degli edifici scolastici
che stanno letteralmente cadendo a pezzi”. La lista guidata da Antonio
Ingroia vuole che sia garantito a tutte e tutti l’accesso ai saperi,
perché solo così è possibile essere cittadine e cittadini liberi e
consapevoli, recuperando il valore dell’art. 3 della Costituzione.
Bisogna rendere centrali formazione e ricerca, bisogna
investire nella scuola pubblica.È una strada imprescindibile per dare un
calcio alla precarietà: quella del lavoro, che ha piegato fino alla
tragedia tanti insegnanti; e quella esistenziale, che colpisce gli
studenti, una generazione umiliata, senza prospettive di lavoro e
privata del diritto allo studio.

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